Da Polverina a Montalto di Cessapalombo

Distanza: 18,7 km. – Asfalto: 75%. – Sterrato: 25%. - tempo di percorrenza: 6 ore - Difficoltà: media

altezza massima: 595 mt. - Partenza: 375 mt. – arrivo: 550 mt. – dislivello(+): 650 mt. – dislivello(-): 450 mt.

Avvertenze

Una tappa piuttosto agevole e piacevole da percorrere, senza particolari dislivelli, contraddistinta dalla presenza di numerosi castelli, collegati tra loro da sentieri immersi nel verde: Pievefavera, Croce, Vestignano e Montalto di Cessapalombo. Senza tralasciare la chiesa carolingia di San Giusto in San Maroto e quella rupestre di Madonna del Sasso. Il tutto a poca distanza dal gioiellino architettonico di Caldarola.

Descrizione

Ripartiamo dal ponte sul fiume Chienti di Polverina dove si concludeva la tappa precedente. Il tracciato seguirebbe un sentiero storico che parte subito sulla sinistra infilandosi nel bosco per mantenere la destra orografica del fiume, tuttavia alcune problematiche legate alla sdemanializzazione del percorso, che speriamo di risolvere presto, ci costringono al momento  ad aggirare l’ostacolo. Ci incamminiamo quindi a ritroso sulla SP 98 in direzione Fiastra per 300 m fino a incrociare sulla sinistra la SP 58 in direzione Fiegni/ San Martino. La prendiamo e procediamo su asfalto per 250 m. Attenzione: poco prima di un agglomerato di case prendiamo sulla sinistra la prima stradina sterrata che ci conduce in una corte privata con casa danneggiata dal sisma, la cui proprietaria ha autorizzato il passaggio. Teniamo sulla sinistra la casa, costeggiamo in discesa il campo coltivato per ritrovarci sul sentiero ufficiale che partiva dal ponte. Qui continuiamo sulla destra nel bosco. Attraversiamo il torrente dove un vecchio ponticello in rovina ci ricorda gli antichi fasti del percorso e procediamo fino a incontrare dei recinti per il bestiame. Il sentiero diventa strada sterrata e poi converge su strada asfaltata. All’incrocio troviamo una fontana di acqua fresca. 04 San Giusto in San MarotoPrendiamo a destra sull’asfalto e dopo 150 m passiamo davanti al piccolo cimitero della frazione di San Giusto in San Maroto [4.1 – km 1,7]. Ora, se vogliamo procedere senza soste, sulla sinistra della strada asfaltata, di fronte al cimitero, parte un sentiero nel bosco con segnaletica Cfm. Consigliamo vivamente invece di fare una breve deviazione, continuando sull’asfalto per altri 100 m e imboccando sulla sinistra una strada di cemento che sale ripida al borgo, per raggiungere e visitare la chiesa di SAN GIUSTO IN SAN MAROTO.
Dopo la visita ritorniamo indietro per la stessa strada di cemento. Senza tornare al cimitero, appena raggiunta la strada asfaltata prendiamo sulla destra un sentiero che intercetta dopo pochi metri quello proveniente dal cimitero e giriamo a destra. Scendiamo nel bosco per 150 m fino a incrociare sulla sinistra un dosso che ci porta a una radura tra gli alberi. La percorriamo tutta e, arrivati a un picchetto della segnaletica, attraversiamo il torrente e prendiamo a sinistra la mulattiera in terra.
Ci teniamo a fondovalle costeggiando il torrente fino a che la mulattiera risale e converge in uno sterrato. Giriamo a sinistra in lieve discesa e dopo 300 m abbandoniamo lo sterrato per prendere sulla destra una strada di terra ben indicata dalla segnaletica del Cfm. Dopo 400 m di cammino in piano troviamo un incrocio. Prendiamo il sentiero di sinistra che raggiunge il fondovalle, costeggia per qualche metro la superstrada SS 77 Foligno/Civitanova Marche per poi risalire fino al borgo di Valdiea [4.2 – km 4]. Qui troviamo un lavatoio e una fonte per il rifornimento d’acqua. Procediamo sulla destra in salita entrando tra le case fino a raggiungere lo spiazzo alto del paese dove troviamo un’altra fonte.
Salendo sempre verso monte subito dopo la fonte ci sono due sentieri: prendiamo quello a sinistra con segnaletica per Fiungo che procede in falsopiano e costeggia un prato/ex campo sportivo, sfila tra le ultime case del borgo e si inoltra nel bosco con continui saliscendi. Il bosco rado ci permette di tenere sempre a vista l’imponente Rocca di Varano posta sulla sommità di una roccia dall’altra parte della valle. Sotto i nostri piedi, a fondovalle, il serpentone della superstrada. Continuiamo in direzione est senza mai lasciare il sentiero principale fino a un bivio. Prendiamo quello a sinistra che rimane in piano e che, poco dopo, si inoltra nel bosco più fitto.
Una ripida discesa in ombra di 400 m ci porta a intercettare una strada sterrata carrozzabile. La prendiamo a destra in salita e la percorriamo tutta fino all’incrocio che segnala l’imbocco del paese di Fiungo [4.3 – km 6,5]. Qui giriamo a sinistra prendendo il sentiero panoramico su prato indicato dalla segnaletica del Cfm, tenendo sulla destra le poche case e i molti ruderi di Fiungo.
Oltrepassato il borgo, il sentiero, sempre ben tracciato, prosegue lungo la valle e si inoltra tra gli alberi di un bosco rado che diventa sempre più fitto e umbratile. Il percorso è in saliscendi, supera una sbarra di impedimento ai mezzi meccanici e continua fino a un bivio. Sulla destra una strada di servizio per boscaioli. Noi invece continuiamo dritti cominciando a scendere. Di lì a poco ci troviamo di fronte alla chiesa rupestre di Madonna del Sasso. La oltrepassiamo continuando in piano il sentiero, superiamo con un ponticello il grande condotto verde che scende dalla montagna per alimentare una centrale idroelettrica a fondo valle per ritrovarci su uno spiazzo sterrato con bivio. Una strada bianca scende a sinistra, noi procediamo invece dritti in piano passando davanti a un ricco cancello posto a protezione del nulla ed entriamo tra le case del borgo di Valcimarra [4.4 – km 9,9]. Sulla piazzetta un lavatoio con fonte d’acqua. Imbocchiamo la strada asfaltata a sinistra in discesa per 100 m e prendiamo subito lo sterrato a destra che ripido sale verso un uliveto. Il sentiero si mette subito in piano e traversa il ghiaioso pendio tra gli ulivi. Qui occorre cautela: le tracce principali sono chiare, ma è bene comunque prestare attenzione alla segnaletica orizzontale del Cfm per non prendere direzioni che potrebbero allontanarci dall’imbocco nascosto di un sentiero che, dopo aver attraversato tutto l’uliveto, entra improvvisamente nel bosco e sale dolcemente per confluire in una strada sterrata, che prendiamo a sinistra in discesa; procediamo, seguendo la strada bianca, verso il castello di Pievefavera che già si mostra ai nostri occhi nella sua posizione dominante.
01Raggiungiamo le mura castellane dove si apre la porta di accesso al centro storico [4.5 – km 12]. Dopo aver visitato il bel CASTELLO DI PIEVEFAVERA torniamo alla porta montana per riprendere il cammino. Proseguiamo per 50 m in lieve discesa su asfalto costeggiando le mura alla nostra sinistra. All’altezza di un vecchio ricovero sulla destra giriamo a destra su una strada bianca e subito dopo all’incrocio riprendiamo a salire procedendo dritti. Dopo 250 m arriviamo dove finisce lo sterrato. Sulla destra la salita che conduce a una casa privata. Noi ci teniamo invece sulla sinistra imboccando un sentiero tra le piante che dolcemente sale tra muretti di contenimento terra. Dopo 700 m si apre sulla sinistra una radura con ulivi. Abbandoniamo il sentiero piegando a sinistra ed entrando nella radura, che costeggiamo tenendo la cintura degli altofusti alla nostra destra. Il percorso continua in falsopiano nel bosco rado fino a un incrocio. Prendiamo a sinistra e saliamo dolcemente in ombra fino a intercettare la strada asfaltata che da Pievefavera sale sulla montagna. Attraversiamo l’asfalto e continuiamo dritti sullo sterrato che sale, segnalato dal cartello d’ingresso al paese di Castiglione. Entriamo nel borgo fino alla piccolissima piazza a cui convergono due strade asfaltate. Prendiamo quella a destra che rimane in piano, supera una frana, e dopo 200 m entra nel borgo di Croce [4.6 – km 14]. Sulla sinistra si aprono le imponenti mura del castello (per quanto danneggiato dal terremoto merita comunque una visita), sulla destra una fonte d’acqua. Noi invece proseguiamo dritti imboccando subito un sentiero in discesa che in meno di 200 m confluisce sulla strada asfaltata che collega Croce con Vestignano. Giriamo a destra e percorriamo l’asfalto per 500 m. La strada si immette in leggera discesa sulla carrozzabile Caldarola/ Vestignano. Continuiamo dritti tenendo la destra e dopo 500 m siamo al borgo storico del CASTELLO DI VESTIGNANO [4.7 – km 15,4]. Lo attraversiamo restando sulla strada asfaltata che dolcemente comincia a salire.
07All’uscita del paese un cartello ci ricorda che stiamo percorrendo il sentiero dei Partigiani, a memento di un cruento eccidio qui avvenuto nel 1944: 1,5 km di percorso su strada asfaltata di scarsissimo transito automobilistico su cui si affacciano le lapidi dei 31 partigiani fucilati. Il cammino arriva al quadrivio del borghetto de La Valle.
Noi procediamo dritti lasciando le case dell’abitato sulla destra. Dopo 350 m in lieve salita abbandoniamo l’asfalto e giriamo decisamente a destra su una rampa di cemento che ci avvia su un sentiero in ripida salita e che termina tra le case del borgo Tribbio. In alto a sinistra i ruderi del CASTELLO DI MONTALTO e di fronte a noi il Palazzo Simonelli, ostello chiuso dopo i danni del sisma del 2016 e in attesa di restauro. Giriamo a destra dove incontriamo una cannella di acqua fresca e qui pieghiamo subito a sinistra seguendo la strada asfaltata che scende per 450 m fino a raggiungere un incrocio. Girando a sinistra si incontra dopo 100 m il Giardino delle Farfalle, dove è possibile mangiare e pernottare e dove termina la tappa [4.8 – km 18,7].

 

San Giusto in San Maroto

04 San Giusto in san MarotoLa chiesa di San Giusto è uno dei monumenti più importanti del romanico marchigiano. Sorge tra i secoli XI e XII. La particolare struttura della chiesa, a pianta circolare con quattro absidiole radiali, sormontata da una cupola senza centine di sostegno, ha alimentato numerose congetture sulla sua nascita.
Per la realizzazione si suppone l’arrivo di esperte maestranze dall’Oriente, in particolare dalla Siria. Alla sua tradizionale lettura come chiesa fondata intorno all’anno Mille si contrappone l’ipotesi di un padiglione da caccia, funzionante anche come osservatorio astronomico, risalente al periodo carolingio e voluto dallo stesso Carlo Magno. L’interno è coperto da una cupola, non presenta un ambulacro anulare ed è il risultato di un delicato gioco di soluzioni ed equilibri geometrici. Al suo interno, che è completamente disadorno, è conservata una Madonna del Rosario ed una Madonna in Trono con Bambino della seconda metà del XIII sec. La croce, invece, è della prima metà del Cinquecento. Il campanile presenta una muratura meno regolare, aggiunta in seguito; nel suo vano terreno sono visibili degli affreschi della fine del XIV sec. Al complesso appartengono anche la sacrestia e la canonica costruite nel corso del Trecento. Suggestivo è anche il cortile interno: un prato terrazzo che si affaccia sui Sibillini a cui si accede da un portale. Luogo delizioso per un ristoro all’ombra e con fresca acqua del fontanile. La chiesa è aperta solo di domenica in occasione delle celebrazioni ma è visitabile anche nei giorni feriali telefonando preventivamente alla custode Cimini Alessandra 339.8990553.

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Fiungo

05 Rocca Varano vista dai piani di FiungoQuando il cammino si inoltra nel boscoso versante nord del Monte Fiegni, nascosto dalla visibilità del fondo valle, si trova un pianoro e lì c’è un piccolissimo borgo in gran parte ridotto a rudere: Fiungo. In epoca medievale qui si ergeva un castello sotto il controllo dei Da Varano. Oggi tuttavia del castello non vi è traccia, ma è straordinario come questo luogo ameno, difficilmente raggiungibile in auto, sia ancora abitato tutto l’anno da una sola anziana nobildonna: la signora Franca che qui vive in compagnia dei suoi cani! Il suo isolamento volontario ha radici familiari antiche, anche suo padre abitava qui da solo prima della sua dipartita da questo mondo, e ora sua figlia ne ha ereditato il posto. Franca conosce ogni angolo segreto di Fiungo e, specie nelle fredde e innevate giornate d’inverno, fraternizza con gli animali selvatici del luogo: istrici, tassi, volpi, cinghiali e perfino lupi. Il suo sorriso e la sua gentilezza non vengono mai lesinati a chi passa davanti casa sua a piedi e spesso i pellegrini sono accolti in cucina per un buon caffè o per un bicchiere d’acqua.

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Eremo di S. Benedetto in Saxo Latronis

06 Saxo LatronisAttraversato Fiungo, proseguendo in direzione Ascoli Piceno, tra il fogliame del bosco spesso fa capolino, in alto su uno sperone di roccia, un maestoso rudere a picco sulla valle: è l’eremo di S. Benedetto, detto anche dei frates latrones. La sua postazione strategica permetteva di visualizzare tutti i convogli e le carovane che transitavano a fondo valle e fu rifugio di alcuni disperati della guerra greco-gotica e di certi nobili decaduti che si unirono in una banda chiamata appunto frates latrones. Costoro scendevano a valle vestiti da frati, si avvicinavano ai convogli come mendicanti e con veri e propri atti di brigantaggio derubavano i malcapitati, spesso seminando morte, per poi tornare nel nido d’aquila con ingegnose carrucole e montacarichi. Il rifugio era praticamente inattaccabile. In oltre un secolo di scorrerie la banda, ormai alla terza generazione, riuscì a fortificare sempre più la sua posizione. I nobili camerti fra il IX e il X sec per debellare questa piaga donarono il Monte e le relative terre di sussistenza all’ordine benedettino che riuscì a scacciare i frates latrones e a edificare l’eremo dedicato poi a San Benedetto.

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Madonna del Sasso

07 Madonna del SassoCostruita a ridosso di una strapiombante parete rocciosa la chiesa deve il suo nome alla sua locazione rupestre. La sua fondazione è sconosciuta, anche se è ipotizzabile un collegamento con S Angelo in Saxo, chiesa-romitorio dei monaci benedettini di S. Benedetto in Saxo Latronis. Se così fosse sarebbe una delle chiese satelliti della egemone Santa Croce in Sassovivo, oggi nel comune di Foligno, fondata dalla famiglia longobarda dei Monaldeschi. Le continue frane e i seguenti cedimenti strutturali non ci permettono di apprezzarne la struttura come era in passato. Un’incisione ci data, anche se non in maniera certa, la ricostruzione della navata centrale al 1559. L’affresco della Crocefissione è dunque della seconda metà del Cinquecento mentre la Pala d’altare della Madonna con Bambino probabilmente risale alla fine del ‘400. La chiesa è sempre chiusa anche se significativi scorci si possono ammirare dalla finestrella a sinistra dell’ingresso. L’unica possibilità per visitarla internamente è telefonare preventivamente a Giulio Seri 0733.905668

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Castello di Pievefavera

Piccolo gioiello quasi del tutto intatto, il castello di Pievefavera domina la valle del Chienti con una straordinaria vista sul lago di Caccamo e sulla piana di Caldarola. Famoso per i suoi frantoi a pietra attivi e conservati gelosamente nei seminterrati del Palazzo Sparapani, il borgo mantiene inalterato il fascino della sua lunga storia. I vicoli, gli archi, le piagge raccontano ancora di quando a vivere il paese erano solo pedoni e animali da soma. Se poi capitate durante le feste di Natale non perdetevi il suggestivo presepe vivente realizzato per le vie e le piazzette dell’abitato.

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Caldarola

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Da Pievefavera con una deviazione di circa 2 km si giunge al capoluogo territoriale di Caldarola. Terra d’arte e di castelli, Caldarola, nonostante i danni subiti dal sisma 2016, stupisce il visitatore con il sapore fiabesco del suo castello dalle merlature guelfe, con il il suo raffinato assetto urbano che ne fa un autentico gioiello di architettura e urbanistica cinquecentesca, con le sue importanti testimonianze romane e medievali che riempiono di storia gli affascinanti scenari naturali del territorio circostante. Il paese risente in particolare dell’intensa opera di aggiornamento urbanistico promossa da papa Sisto V nei cinque anni del suo pontificato (1585-1590), soprattutto per merito dei cardinali creati dal papa piceno. Evangelista Pallotta, elevato alla porpora nel 1587 fu particolarmente alacre nell’abbellire la sua città di origine sviluppando un piano urbanistico di grande respiro che in pochi anni ridisegnò il volto del centro medievale con la creazione di un’ampia piazza sulla quale spiccano il nuovo palazzo cardinalizio, la Collegiata di San Martino ed il Santuario di Maria SS del Monte. Il Cardinale Pallotta si avvalse del pennello di Simone De Magistris e della sua scuola per decorare i nuovi edifici da lui realizzati: egli riconobbe infatti in Simone De Magistris il più importante pittore attivo nel territorio alla fine del Cinquecento. Imperdibile è la Stanza del Paradiso all’interno del Palazzo Cardinalizio.

 

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Castel di Croce

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Oramai è chiaro per il pellegrino che attraversa questi colli che la strada che si percorre in comune di Caldarola potrebbe essere chiamata anche la via dei castelli. Raggiungiamo, infatti, un nuovo gioiello: Castel di Croce la cui origine si colloca in epoca medievale. La prima attestazione documentata risale al 967 quando, in due differenti documenti, l’abbazia di S. Clemente a Causaria, oggi in Abruzzo, dichiara la proprietà su queste terre. Nel secondo documento, Ottone I di Sassonia, Imperatore del Sacro Romano Impero dal 962, conferma tale proprietà. Le vestigia che oggi si ammirano risalgono alle fortificazioni realizzate con pietre squadrate dai Da Varano nel XIV sec. Dell’antica fortezza rimane la torre poligonale, oggi campanile della chiesa parrocchiale. Affascinante il cortile interno del castello con il classico pozzo posto al centro.

 

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Vestignano

 Un piccolo gioiello immerso nei boschi con mura, torrioni, vicoli, archivolti e sottopassi risalente in origine all’VIII secolo, poi ristrutturato dai Da Varano nel XV secolo: Vestignano, con una sola porta d’accesso, sembra un vecchio set cinematografico abbandonato. Gli edifici poggiano su grandi archi che formano suggestivi affacci sulla valle e gallerie percorribili su ripide piagge. Fuori dalle mura troviamo la chiesa di San Martino, che come molte delle pievi extra urbane era adibita al ricovero dei pellegrini già dall’anno Mille. Nella chiesa spiccano i dipinti dei De Magistris, ma anche in questo caso i danni del sisma la rendono al momento inagibile. I lavori di restauro sono previsti a breve tempo per cui, volendola visitare, meglio chiedere aggiornamenti al custode Gaetano Pesaresi (tel. 32046.79.812). All’uscita del paese, in una cavità della terra, sotto le possenti radici di una quercia secolare, ogni anno gli abitanti di Vestignano, nel periodo natalizio, allestiscono un piccolo ma unico presepe.

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La via dei partigiani

03 Sentiero del PartigianoTra Vestignano e il Castello di Montalto si percorre per alcuni chilometri su asfalto una piccola strada comunale ai cui lati, di tanto in tanto, compaiono delle pietre monumentali che ricordano dei giovani partigiani fucilati in loco. La strada è chiamata la Via dei Partigiani e il fatto, conosciuto come l’eccidio di Montalto, risale al 22 marzo 1944. Ventisette uomini tra partigiani di vecchia data e giovani giunti in montagna da meno di un mese persero la vita per mano di un reparto del battaglione M – IX Settembre, inquadrato nella divisione tedesca Brandenburg. Dal punto di vista militare si trattava di una zona strategica, importante al fine dei collegamenti con il fronte di Anzio. Per questo appariva necessario stroncare le formazioni partigiane che vi operavano, spesso compiendo azioni di disturbo e di sabotaggio ai danni dei convogli tedeschi. La fucilazione avvenne lungo la strada dopo che il plotone di esecuzione compì il rastrellamento. Ancora oggi, per non dimenticare gli orrori della guerra, ogni anno, il primo maggio, la Via dei Partigiani viene percorsa a piedi dalla Marcia della Memoria.

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Castello di Montalto di Cessapalombo

Arroccato su uno sperone, il castello di Montalto annuncia l’ingresso nel Comune di Cessapalombo, porta nord del Parco nazionale dei Monti Sibillini. Il suo profilo ancora oggi si staglia all’orizzonte, benché gli antichi fasti siano ormai un lontano ricordo. L’abbandono e il sisma del 2016 lo rendono ormai un sinistro e affascinante rudere. Raggiungibile con una deviazione di 5 minuti, sono a oggi visibili i resti della cisterna con volta a botte e il pozzo quadrangolare che serviva ad attingere acqua dalla sorgente, le mura, la torre quadrata e l’ampio piazzale d’armi.

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Il giardino delle farfalle

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A poca distanza dal Castello di Montalto c’è un poetico luogo dedicato alle farfalle. E’ un giardino, con annesso ristorante e luogo di pernotto, che ha lo scopo di far conoscere cultura, leggende, mestieri e natura del territorio. tel. 0733-19.60.344 / 340-25.22.383 / 333-34.02.744 (Fabiana e Patrizio), www.giardinofarfalle.it

 

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