Da Sarnano a Comunanza

Distanza: 22,3 km. – Asfalto: 30%. – Sterrato: 70%. - tempo di percorrenza: 7.30 ore - Difficoltà: media

altezza massima: 656 mt. - Partenza: 530 mt. – arrivo: 450 mt. – dislivello(+): 600 mt. – dislivello(-): 650 mt.

Avvertenze

Tappa pedemontana senza grandi dislivelli a costeggiare le vette dei Sibillini lungo sentieri medievali, strade romane come la Salaria Gallica e ponti storici. Si toccano Amandola, centro del Parco nazionale dei Monti Sibillini, piccolissimi borghi e pievi di campagna fino a giungere alla valle del fiume Aso su cui si distende l’operosa Comunanza.

Descrizione

Da piazza della Libertà torniamo in via Benedetto Costa e la percorriamo per 350 m, quindi prendiamo a sinistra in discesa via San Rocco, seguendo le indicazioni del Cfm. Dopo 200 m, all’altezza della chiesetta di San Rocco, attraversiamo la strada asfaltata e imbocchiamo, di fronte a noi, uno sterrato che scende per 100 m e che sfocia in via Aldo Moro. La attraversiamo e proseguiamo dritti su un sentiero ombreggiato in discesa che termina su una stradina asfaltata. Giriamo a sinistra e dopo 50 m, di fronte a una chiesa, subito a destra, attraversiamo il ponte sul fiume Tennacola. La strada diventa sterrata sino a raggiungere dopo 150 m in leggera salita un incrocio all’altezza di un gruppo di case in località Morelli. Imbocchiamo la prima strada asfaltata sulla destra infilandoci tra le case e raggiungiamo una piccola chiesetta posta a un bivio. Giriamo a sinistra tenendoci la chiesetta sulla destra e superiamo l’incrocio successivo continuando dritti sulla strada che si infila tra due capannoni. Da qui il percorso, dapprima in piano, inizia lievemente a salire inoltrandosi nella campagna sino a raggiungere la frazione di Grassetti [6.1 – km 2,4]. Superiamo il borgo fino a un incrocio. Qui abbandoniamo l’asfalto e prendiamo lo sterrato di destra.
Dopo 50 m, in corrispondenza di una curva, il segnale del Cfm ci indica di proseguire a destra su sentiero di terra in leggera salita tra i boschi. È la via dei Mercatali, antico tracciato medievale frequentato fin dall’antichità dai mercanti di bestiame che giungevano a Sarnano per le fiere. Procediamo per 750 m fino a una biforcazione e teniamoci sul sentiero di destra fino all’incrocio con un’altra sterrata. Pieghiamo a sinistra in leggera discesa per poi iniziare un saliscendi tra i boschi. Dopo 2 km, all’incrocio andiamo a destra seguendo la segnaletica del Cfm e percorriamo 1,4 km in lieve salita. Siamo sulla Salaria Gallica, la strada romana dell’Ager Gallicus, di cui tracce di acciottolato ancora sono evidenti. L’antica via termina a un trivio su strada asfaltata [6.2 – km 6,9]. Procediamo dritti imboccando la strada a sinistra, tenendo sulla sinistra l’unico edificio presente di una vecchia scuola rurale. Non abbandoniamo più la piccola strada asfaltata che si snoda in falsopiano attraversando prima un gruppo di case conosciuto come Casa di Carlo, poi passando a fianco del caseificio biologico Angolo di Paradiso (dove consigliamo vivamente una sosta per assaggiare il pluripremiato yogurt dell’azienda), e quindi superando sulla sinistra un curioso cimitero per animali domestici. Proseguiamo ancora per circa 2 km fino a entrare nella periferia di Amandola lungo via Aldo Moro.
Una discesa ripida ci porta all’incrocio con la SP 237 che attraversiamo, seguendo l’indicazione del Cfm, per proseguire dritti sull’asfalto in salita di fronte a noi in direzione della chiesa e convento dei Cappuccini. Dopo 600 m, al cancello del convento, pieghiamo su un sentiero a sinistra che costeggia il muro di cinta dell’edificio religioso e scende sino a raggiungere il parcheggio di un supermercato. Incontriamo di nuovo la SP 237 che viene da Sarnano e la attraversiamo infilandoci nell’area pedonale, ben riconoscibile dal palazzo della Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno sulla destra, giungendo così nella piazza centrale di AMANDOLA, piazza Risorgimento [6.3 – km 11,2]. Qui bar, ristoranti, pizzerie e gli uffici comunali potranno accogliere degnamente i pellegrini per una sosta e per il timbro sulla credenziale.
A questo punto scendiamo a destra in discesa costeggiando la chiesa di Sant’Agostino che si affaccia sulla piazza; alla nostra sinistra troviamo l’incrocio per Fermo, che superiamo per piegare subito dopo l’incrocio a sinistra in ripida discesa lungo un ciottolato tra le case che ci porta in piazzale Mercato. Qui prendiamo a sinistra su asfalto in discesa e percorriamo via Pignotto per 150 m fino a incrociare, dopo una curva, uno sterrato che piega decisamente a sinistra. Lo percorriamo tutto fino ad arrivare a fondovalle, all’alveo del fiume Tenna dove, superato un vecchio MULINO FORTIFICATO, un bel PONTE ROMANICO pedonale a schiena d’asino ci condurrà al di là del fiume. Passato il ponte ignoriamo una sterrata sulla sinistra e proseguiamo su una mulattiera a destra in salita che sbuca a fianco di un capannone nell’area industriale Piandicontro di Amandola. Ci immettiamo sulla strada asfaltata e proseguiamo dritti lasciando il supermercato sulla destra. Alla rotonda giriamo a sinistra su via Enrico Fermi e attraversiamo tutta l’area industriale per 300 m fino a incrociare una strada sterrata sulla destra [6.4 – km 13], che prendiamo. Facciamo attenzione: dopo 200 m, poco prima di arrivare a un recinto privato, pieghiamo a sinistra su sterrato in discesa che diventa poco dopo sentiero e che costeggia un campo spesso coltivato e con alcune arnie. Ci inoltriamo nella vegetazione e attraversiamo, come sospesi in alto, il torrente Vetemastro, affluente del Tenna. Stiamo passando su un antico PONTE ROMANO, ma il fitto della vegetazione lo nasconde: prestando attenzione però prima e dopo l’attraversamento è possibile scorgerne la volta sottostante. Per il suo attraversamento si raccomanda la massima prudenza: la mancanza di ringhiere di sicurezza e la sua aerea e sottile linea di passaggio lo rendono insidioso. Al di là del ponte proseguiamo in ripida salita su un sentiero di terra, scivoloso in caso di pioggia. Raggiungiamo un campo agricolo e lo costeggiamo su sentiero sulla sinistra in salita fino a raggiungere la chiesa della Madonna delle Grazie [6.5 – km 13,9], già visibile da 200 m prima. Continuiamo in salita su sterrato per 650 m fino ad arrivare al borgo di Salvi, dove troviamo una fontana d’acqua che lasciamo sulla destra proseguendo lungo la strada bianca. Altri 450 m di lieve salita ci conducono al borgo di San Pietro in Castagna. L’omonima piccola chiesa sulla destra, “incerottata” a seguito del sisma del 2016, presenta notevoli bassorilievi al portale d’ingresso.
Alla chiesa, proprio dove comincia l’asfalto, abbandoniamo la strada principale e giriamo a sinistra in salita su sentiero di terra ben indicato dalla segnaletica del Cfm. Superata una casa bianca, al bivio prendiamo la mulattiera di destra che sale, lasciando un campo coltivato sulla destra. Dopo 600 m, all’altezza dei pannelli fotovoltaici, incrociamo il tornante di una strada asfaltata che imbocchiamo a destra in leggera discesa. Altri 500 m e troviamo un incrocio: qui giriamo a sinistra in salita su strada asfaltata. Dopo 500 m al primo bivio manteniamo la destra e continuiamo per 2,4 km prima in piano e poi in discesa con alcuni tornanti fino a intersecare la strada comunale che da Comunanza porta a Smerillo e Montefalcone Appennino [6.6 – km 19,3]. La imbocchiamo a destra in discesa per 300 m e appena svoltato un tornante a destra, prendiamo una stradina bianca a sinistra che costeggia il recinto di un casolare di campagna ristrutturato e si inoltra tra campi coltivati fino a riconnettersi con una strada bianca carrozzabile nei pressi di una casa che lasciamo alla nostra sinistra. Giriamo a destra in lieve salita e di lì a poco siamo all’agriturismo Villa Montegenco: ora la strada torna a scendere su asfalto costeggiando un muretto di recinzione. Dopo 250 m all’incrocio voltiamo a destra e proseguiamo per 500 m fino a incrociare sulla destra dei capannoni agricoli e sulla sinistra una grande quercia. Sotto di essa parte una strada di terra che scende infilandosi nel bosco: la prendiamo e arriviamo su un crinale panoramico.
Sotto i nostri piedi in lontananza le prime case di Comunanza. All’uscita del bosco il crinale costeggia in discesa un grande campo coltivato. Dopo circa 50 m, all’altezza di un picchetto del Cammino, giriamo a destra tra le piante per raggiungere l’aia di una vecchia casa colonica abbandonata. Attenzione: la vegetazione spesso chiude la traccia del sentiero costringendoci a farci largo tra gli arbusti. Continuiamo in discesa sulla sua strada privata fino a intersecare la SP 237. Giriamo a sinistra sull’asfalto ed entriamo a COMUNANZA. Dopo circa 300 m alla prima rotonda, all’altezza di un bar, prendiamo la prima uscita sulla destra entrando in via Dante, che percorriamo sino ad arrivare di fronte alla sede del Comune in piazza IV Novembre [6.7 – km 22,3].

 

Sarnano

10 Sarnano

Borgo medievale integro e oggi centro termale rinomato, è un paese ad alta vocazione turistica anche per via degli impianti sciistici di Sassotetto, oltre che importante centro per i pellegrinaggi, testimoniato dai vari toponimi dedicati a san Giacomo, fra cui la Fonte San Giacomo le cui acque salubri richiamavano numerosi viandanti anche in antichità. Da visitare la chiesa di San Francesco, attigua al palazzo comunale, dedicata alla memoria della visita del santo nel 1215, e la chiesa di santa Maria di Piazza (per le visite telefonare al parroco don Marcello al 339-59.33.734). Inoltre i Musei comunali che comprendono la Pinacoteca comunale con opere di Crivelli, Pagani e De Magistris, il Museo delle armi antiche e moderne e del martello (per info e orari consultare il sito www.sarnanoturismo.it. Altro luogo imperdibile è la Biblioteca francescana, dal 1868 biblioteca comunale. Contiene manoscritti, incunaboli e cinquecentine di grande pregio che possono essere visionati previa prenotazione (tel. 0733-65.99.23, orari di apertura sul sito www.sarnanoturismo.it/ biblioteca-sarnano).

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Nascita del comune di Sarnano

01 stemma sarnano

La leggenda narra che nel Duecento la comunità locale, volendosi sciogliere dagli obblighi feudali e unita per la prima volta dopo secoli, non riusciva tuttavia a trovare un accordo sullo stemma da utilizzare. La disputa stava prendendo una brutta piega, tanto da preoccupare san Francesco che era di passaggio verso Ascoli Piceno. Il Poverello decise di sciogliere la lite con autorevolezza decidendo lui per tutti e disegnando un angelo. Così nacque lo stemma primitivo, che rappresentava un Serafino d’oro circondato da sei ali d’argento, legando così per sempre la storia di Sarnano all’Ordine dei Minori. In realtà il Comune di Sarnano sarà fondato solo 50 anni dopo il passaggio di san Francesco in quei luoghi, ma sta di fatto che quel Serafino, con l’aggiunta successiva di una croce latina e tre gigli, è tutt’oggi rappresentato nello stemma comunale.

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Via dei Mercatali

02 Via dei MercataliArrivati a Grassetti, frazione di Sarnano, si imbocca una mulattiera di terra nel bosco. Quello che oggi potrebbe sembrare un anonimo sentiero in realtà è la via dei Mercatali, un’antica via utilizzata, soprattutto in epoca medievale, dagli allevatori di Sarnano e dintorni che andavano alla compravendita del bestiame che si svolgeva solitamente in un pianoro all’altezza del borgo di Pianelle. Ed era utilizzata anche in senso inverso dai mercanti di Amandola per raggiungere Sarnano dove si svolgeva fuori dalle mura la fiera annuale della zona pedemontana. Testimonianze di questa fiera, che si è svolta fino alla metà degli anni ’50, ci sono giunte tramite documenti risalenti ai Brunforte.

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Strada Romana

Nel percorso tra Sarnano e Amandola, degna di nota è l’antica strada romana salaria gallica, così denominata perché collegava la via del sale del Piceno all’ager gallicus (Senigallia, terra dei galli Senoni). Camminare nel bosco posando i piedi su un acciottolato romano, lungo una via sconosciuta anche a gran parte degli abitanti del territorio è un’esperienza significativa. Da notare la sua ascesa progressiva, senza strappi di pendenza, come le sedi ferroviarie di oggi, per permettere alle bestie da soma e da carro di procedere costantemente senza troppa fatica. Nonostante gli oltre duemila anni, questa strada mantiene in alcuni punti la sua forma originaria e ancora oggi viene utilizzata da qualche boscaiolo. Per costruire le strade i romani impiegavano tutte le scienze allora conosciute: i gromatici (antichi geometri), gli architetti, i libratores (manovalanza specifica). Questi ultimi scavavano la fossa (fino anche a 6 m di profondità) sulla quale venivano stratificati una serie di materiali tra cui sabbia, pietre, mattoni, sassi e lo stesso terreno di escavazione fino allo strato superficiale che veniva lavorato con il calcestruzzo, facendo attenzione a lasciare il centro della strada più alto per lo scolo delle acque.

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La leggenda dell’origine del nome Amandola

04 Fillise e DemofonteSecondo la leggenda, Fillide, figlia di Licurgo Re di Sparta, era andata in sposa al bel Demofonte, partito per la guerra di Troia. La guerra era terminata ma Demofonte tardava a tornare dall’amata, alla quale era giunta la falsa notizia che il suo sposo, invaghitosi di un’altra fanciulla, non si sarebbe fatto più vedere. Fillide disperata allora scappò dalla Grecia e giunse sui Sibillini, nel luogo dell’antico Castel Leone, si tolse la vita e il suo corpo si tramutò in un mandorlo, un grande albero, bello ma privo di foglie. Demofonte tornò a casa e, non trovando la donna amata decise di mettersi in sua ricerca. Giunto anch’egli a Castel Leone apprese della tragica fine di Fillide e altro non gli restò da fare che abbracciare il tronco di quel mandorlo che, per incanto, divenne subito frondoso e ricco di gemme. Da quel mandorlo antico, nato sull’altura di Castel Leone, prese il nome la città di Amandola.

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Amandola

05 AmandolaCon il suo caratteristico impianto medievale, la cittadina, porta del Parco nazionale dei Monti Sibillini e bandiera arancione del Touring Club, è Comune dal 1249 ed è insediamento dai tempi longobardi. Tra i monumenti spiccano la chiesa di Sant’Agostino o santuario del Beato Antonio risalente al XV secolo, caratterizzata da un portale in stile gotico di ispirazione veneziana, e la chiesa di San Francesco, purtroppo al momento chiusa per i danni del sisma del 2016. Da piazza Umberto I, conosciuta dagli amandolesi come piazza Alta, si può ammirare uno degli scorci più belli della catena dei Sibillini.

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Mulino fortificato, Ponte romanico e Ponte romano

06 Ponte romanico sotto AmandolaUsciti da Amandola, in direzione Ascoli Piceno, si torna a percorrere la salaria gallica incontrando un mulino fortificato di strategica importanza per l’economia rurale e di pregevole fattezza architettonica. Questo presidiava la strada d’accesso alla città, le riserve idriche, i silos di grano e il vicino ponte. Non abbiamo documenti su chi avesse in custodia il mulino ma è plausibile l’ipotesi che fosse un Ordine Cavalleresco. Il ponte romanico del XIII sec. che si attraversa subito dopo, si erge su un piccolo canyon scavato dal fiume Tenna. Ancora in ottime condizioni è, come tutti i ponti di questo periodo, costruito a schiena d’asino. Emozionante è l’affaccio sulle turbolente acque del fiume che scorrono molto più in basso. Si racconta che su questo ponte sia avvenuto uno dei miracoli del beato Antonio di Amandola, quando una compagnia di ventura proveniente da Comunanza stava per assalire il paese. Il Beato apparve all’improvviso in tutto il suo splendore, facendo arrestare i cavalli sul ponte e consentendo alle truppe amandolesi di passare all’attacco e respingere gli invasori. Il successivo ponte che si incontra, nascosto dalla vegetazione e dall’accumularsi della terra, era uno dei ponti romani della salaria gallica. Per il suo attraversamento si raccomanda la massima prudenza: alcuni crolli, la mancanza di ringhiere di sicurezza e la sua aerea e sottile linea di passaggio lo rendono pericoloso.

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Nido di Spiritualità Madonna delle Grazie e Chiesa di San Pietro

06 Ponte romanico sotto Amandola

Elementi fondamentali della povertà e frugalità francescane erano l’elemosina e l’accoglienza spontanea. In località Salvi, un luogo di questa tappa che ben rappresenta le scelte di vita del Poverello è il Nido di spiritualità Madonna delle Grazie, oasi di eremitaggio, silenzio e preghiera, con due cellette per l’accoglienza di non più di 4 pellegrini. La struttura, solitaria e immersa nel verde della campagna, nasce come edicola sacra nel XIV secolo e diviene successivamente chiesa e poi romitorio. Nel XIX secolo, quando venne costruita la variante stradale, cadde in disuso e fu abbandonata. Soltanto all’inizio di questo millennio è stata ristrutturata e ora è gestita dal parroco don Christian Bulai che ne ha mantenuta intatta la vocazione e la tradizione francescana. Sotto il suo porticato c’è sempre disponibile un tavolo con delle panche e una fontanella d’acqua per una sosta rigenerante (www.nidodispiritualita.it). Poco dopo l’eremo, entrando in comune di Comunanza e quindi in provincia di Ascoli Piceno, si incontra la chiesa di San Pietro in Castagna. E’ una chiesa fondata nel periodo longobardo (IX sec). I bassorilievi in arenaria che abbelliscono il portale sono un classico esempio del pregevole stile di quel periodo.

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Birrificio artigianale Le Fate

08 Birrificio Le FateGiunti al centro della città di Comunanza tappa cult è la visita al birrificio artigianale Le Fate. I proprietari di questa realtà imprenditoriale, oramai celeberrimi in tutto il Piceno e nelle più grandi fiere di settore, sono amici e sostenitori del Cammino Francescano della Marca e rinfrancano volentieri le secche ugole dei pellegrini in transito. Si sono imposti al pubblico per l’estrema competenza e per la bontà delle loro birre che non sono soltanto “prodotti” ma sane bevande da degustare mentre si raccontano le antiche storie del Guerin Meschino da cui sono tratti i nomi delle bottiglie. L’utilizzo delle acque dei Monti Sibillini e dei cereali coltivati nella loro azienda caratterizzano il birrificio e lo legano a doppio filo con il territorio. Per info e contatti www.birrificiolefate.it

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