Avvertenze
Tappa di grande impatto naturalistico che entra nel territorio protetto del Parco nazionale dei Monti Sibillini e ne percorre le pendici boscose fino al centro medievale e termale di Sarnano. Le storie dei carbonai e dei pastori si intrecciano con quelle di san Francesco e dei suoi sodali, basti pensare al convento di San Liberato dove sono stati redatti i celebri Fioretti. Si consiglia, nel caso decidessimo di fare la suggestiva variante delle gole del Fiastrone, di portare sandali e asciugamano per il guado e di essere preparati fisicamente per affrontare un percorso accidentato e insidioso.
Descrizione
Questa è la tappa di accesso al territorio protetto dal Parco nazionale dei Monti Sibillini: il brullo profilo delle sue montagne ci farà da scenografia fino al nostro arrivo ad Ascoli Piceno. Alcuni fiumi da noi attraversati lungo il cammino, come il Fiastrone, il Tenna e l’Aso nascono proprio all’interno del Parco. Le specie floristiche rare che lo caratterizzano sono la stella appenninica, ben 37 specie di orchidee spontanee, l’elleboro del Bocconi. Fra i mammiferi ci sono il lupo italiano, il camoscio dell’Appennino e la sporadica presenza dell’orso marsicano. Sono presenti inoltre l’aquila reale, la vipera dell’Orsini e il celeberrimo chirocefalo del Marchesoni, crostaceo unico al mondo che vive solo nel lago di Pilato. Dal Giardino delle Farfalle torniamo all’incrocio, e qui abbandoniamo l’asfalto per prendere sulla sinistra lo sterrato che scende verso il centro dell’abitato di Villa, che attraversiamo su asfalto fino alla chiesa di Santa Maria Ausiliatrice. All’angolo della chiesa svoltiamo a destra in leggera salita su fondo lastricato di sanpietrini che ben presto diventa sterrato. Dopo 200 m, al bivio, giriamo a sinistra, attraversiamo un ponticello e procediamo su strada bianca in leggera salita seguendo la segnaletica del Parco nazionale dei Sibillini fino all’incrocio per la Grotta dei Frati e le Gole del Fiastrone [5.1 – km 2,8].
Qui il percorso principale continua dritto seguitando lo sterrato con tracce di vecchio asfalto per 2,5 km. È la via più breve ma meno interessante, che scende fino alla valle del fiume Fiastrone e poi risale seguendo i tornanti concepiti per le auto fino al cimitero del borgo di Monastero [5.2 – 5,3 km]. È consigliata nei periodi di piena, pioggia, maltempo e per chi non se la sente di affrontare le insidie del sentiero che conduce alla GROTTA DEI FRATI e alle GOLE DEL FIASTRONE, variante più lunga e impegnativa descritta in fondo alla tappa.
Dal cimitero, una strada asfaltata continua in salita per 300 m fino all’abbazia di San Salvatore, ottimo luogo per una sosta rigenerante con fontanella di acqua fresca. Continuiamo a salire su asfalto fino a incrociare la SP 91 Pian di Pieca/Fiastra. Giriamo a destra sulla provinciale per 100 m e poi, dopo altri 100 m, svoltiamo a sinistra per entrare nel paesino di Monastero, che non offre nessun servizio, ma vi si trova una buona fonte d’acqua. Lo attraversiamo in salita e procediamo sempre dritti sulla strada sterrata che non abbandoneremo più per 3,6 km fino al villaggio residenziale estivo di San Liberato. Attenzione: lungo questo tratto manteniamoci sempre sulla via principale senza considerare eventuali bivi con strade minori, e soprattutto facciamo attenzione all’attraversamento di una frana al km 8.9, che ci costringe a un aereo passaggio senza protezione. 250 metri prima della frana è stata per questo motivo aperta una piccola variante che permettere di superare questo tratto insidioso conseguente al sisma 2016, in attesa di ripristino. Dal villaggio residenziale una discesa su ampia strada brecciata ci conduce dopo 900 m al celebre SANTUARIO DI SAN LIBERATO [5.3 – km 10,8]. Luogo francescano per eccellenza, oltre che per la grande tradizione spirituale il convento è famoso per la qualità delle sue acque pubbliche.
Riprendiamo il cammino su strada asfaltata in salita, passiamo da- vanti a una delle celebri fonti, e dopo 500 m arriviamo all’incrocio con la SP 157. Seguendo la segnaletica del Cfm prendiamo a sinistra in discesa. Dopo 100 m troviamo un incrocio a Y. Il nostro cammino continua a sinistra sulla SP 157 ma, per i più volenterosi, segnaliamo sulla destra la digressione di 1,7 km (più altrettanti al ritorno) che conduce a uno dei luoghi più ameni e suggestivi del francescanesimo nelle Marche: l’eremo di Soffiano le cui rovine sono poste in una grotta naturale sulla strapiombante parete del Monte Ragnolo. Tradizione vuole che San Francesco abbia dimorato qui nel suo viaggio verso Ascoli. Tornati all’incrocio proseguiamo come detto sulla SP 157. Seguitiamo a scendere su asfalto per 1,6 km fino a incrociare sulla destra un sentiero che scende nel bosco e che ci fa risparmiare diversi tornanti di strada asfaltata [5.4 – km 13,2]. Il passaggio incrocia i ruderi di un vecchio villaggio e sbocca sulla strada asfaltata che conduce alla frazione Terro di Sotto. Giriamo a destra e raggiungiamo la chiesetta. Di fronte alla chiesa, sulla nostra sinistra, parte uno sterrato in discesa che prendiamo. Attraversiamo il ponte sul Rio Terro e poi riprendiamo a salire senza più abbandonare la strada bianca fino all’incrocio con una strada asfaltata [5.5 – km 16,2]. In corrispondenza dell’incrocio, sulla sinistra, si infila tra la vegetazione un sentiero in discesa che ci permette di tagliare diversi tornanti di carrozzabile e confluisce di nuovo sull’asfalto in Contrada Campanotico, frazione di Sarnano. Qui seguiamo a destra la strada asfaltata per 100 m fino a un incrocio che superiamo procedendo dritti in via Fonte Marta, dove dopo 50 m troviamo sulla destra una fonte d’acqua fresca. Continuiamo dritti in piano sull’asfalto incontrando le prime case della periferia di SARNANO. Procediamo sempre dritti su via Fonte Marta, che ora scende in discesa tra le case fino alla convergenza con via Alcide De Gasperi. Qui pieghiamo a destra, e poi subito a sinistra per via Santa Rita. Dopo 100 m prendiamo ancora a destra in discesa per portarci in via Benedetto Costa. Giriamo a sinistra e dopo 100 m siamo in piazza della Libertà [5.6 – km 17,8]. Da qui ci muoveremo per raggiungere le varie strutture di accoglienza, e da qui ripartiremo per la tappa successiva.
Variante per la Grotta dei Frati e le Gole del Fiastrone [+ 3 km]
Dall’incrocio [5.1 – km 2,8] si gira a destra e si segue lo sterrato in piano per 1 km fino a uno slargo predisposto per il parcheggio auto. Una tabella turistica segnala l’imbocco del sentiero che si inoltra nel bosco procedendo in falsopiano. Dopo 600 m teniamo a mente la prima biforcazione di sentiero che incontriamo: a sinistra in discesa si va alle Gole del Fiastrone, a destra in salita alla Grotta dei Frati. Nel caso volessimo rinunciare a visitare la Grotta prendiamo direttamente il sentiero di sinistra; in caso contrario dal bivio per raggiungere la Grotta ci aspettano altri 500 m di bel sentiero in falsopiano. Dopo 350 m troviamo un altro incrocio. Prendiamo il percorso a sinistra che rimane in piano e di lì a poco saremo alla GROTTA DEI FRATI, in uno dei luoghi più panoramici e spiritualmente significativi dell’Appennino.
Da qui ritorniamo al bivio per le GOLE DEL FIASTRONE e, come detto, scendiamo a destra su ripido sentiero nel bosco fino all’alveo del fiume. Attenzione: gli ultimi metri di discesa sono decisamente ripidi e vale la pena aiutarsi con i tronchi degli alberi. Ora dobbiamo guadare. L’acqua è gelida ma è preferibile non bagnare gli scarponi, quindi meglio prevedere di portare un asciugamano e un paio di sandali impermeabili o, a mali estremi, attraversare il fiume a piedi scalzi. Il sentiero continua sull’altro versante del fiume. Sale da subito ripidamente immergendosi nuovamente nel folto della vegetazione. Per gli appassionati di avventura e bellezze naturalistiche, segnaliamo qui la possibilità di affacciarsi alle gole che rimangono defilate sulla destra rispetto al sentiero. Occorre fare molta attenzione: il tracciato per raggiungerle non esiste più, perché frane e piene ne hanno ostruito il passaggio. Per questo il Parco nazionale dei Sibillini ne ha decretato l’inagibilità temporanea (per aggiornamenti vedi www.sibillini.net). Nel caso volessimo esplorarlo teniamo presente che dovremo superare tronchi caduti, massi instabili e numerosi guadi, per cui sono necessarie scarpe con grip impermeabili. Ma torniamo al nostro sentiero in salita: una serie di zig zag ci permette di riprendere quota a breve, si esce dal bosco fitto, si superano radure e pascoli e si raggiunge il piccolo cimitero di Monastero [5.2], dove ci si ricollega con il sentiero principale..
Le ‘Ncotte (Le Carbonaie)
Il carbonaio è un mestiero oggi pressocchè estinto, non solo per la mancanza di richiesta commerciale di carbon vegetale ma anche per la durezza del lavoro. Si pensi ad esempio alla perizia, considerata oggi arte, dell’accatastare la legna, del coprirla con terra affinché non vada a contatto con l’ossigeno che la brucerebbe. La ‘ncotta è il termine dialettale per definire le carbonaie, sorta di vulcani, che bruciano la legna in ambiente anaerobico aventi forma tronco-conica di altezza variabile tra 1,5 e 2 metri. Anticamente il carbone veniva prodotto direttamente in montagna, in spiazzi ricavati dentro il bosco, a fianco o ai margini della “tagliata” o “césa” (cioè la zona di macchia tagliata in maniera omogenea) e poi trasportato con gli asini ai mercati dei paesi vicini. Ciò avveniva per una questione di comodità, infatti il suo peso specifico è circa 5 volte minore rispetto a quello della legna, quindi più facilmente trasportabile. A memento di questo antico mestiere, il comune di Cessapalombo, ha voluto ricreare un percorso didattico nel bosco chiamandolo la Via dei Carbonai che ripercorre tutte le fasi necessarie per la produzione del carbone. Il sentiero che è parallelo al Cammino Francescano della Marca può essere una valida variante di percorrenza anche se i dislivelli sono maggiori. Lo si può imboccare poco dopo aver traversato la frazione La Villa in direzione Gola del Fiastrone seguendo le indicazioni del Cammino Francescano.
La grotta dei Frati
Con una deviazione, ben evidenziata dalla segnaletica, di circa 20 minuti (10 andata e 10 ritorno) dal sentiero del Cammino Francescano della Marca si può raggiungere uno dei luoghi più ameni e suggestivi del Parco Nazionale dei Sibillini: la grotta dei Frati così chiamata perché vi si stabilì, intorno all’anno Mille, una colonia di monaci. Qui, in una cavità naturale della parete precipite, i Fraticelli eressero il loro povero convento e costruirono la cappella in stile gotico romano (anno 1234). Il convento si sviluppava su due piani, la struttura arrivò ad ospitare diversi frati. Luogo di ritiro e di difesa, restò attivo fino ai primi del 1600. L’eremo era provvisto di tutto: orto e sorgente d’acqua purissima. I Fraticelli, provvidero a rendere più agibili le rocce che, a strapiombo, si affacciano sulla gola del Fiastrone. Si può presupporre che la prima costruzione fosse la cisterna per disporre di una abbondante quantità di acqua, necessaria per spegnere la calce che, unitamente all’argilla, costituiva l’elemento di base per cementare le pietre. Attualmente vi vengono celebrate tre messe l’anno: il lunedì dell’Angelo, la prima domenica di Ottobre ed il giorno di Santo Stefano.
La Gola del Fiastrone
Le chiare e fresche acque del fiume Fiastrone sono le stesse che alimentano l’invaso artificiale del lago di Fiastra, considerato uno dei laghi più blù d’Italia. Ma è a valle della diga che esse hanno scavato le verticali pareti rocciose che formano le famose gole del Fiastrone. Si tratta del punto più selvaggio e naturalisticamente affascinante dell’intero Cammino Francescano della Marca. E il suo raggiungimento può essere anche impegnativo se il sentiero dovesse presentarsi bagnato. Si tratta di scendere per ripido sentiero, guadare il fiume, che in caso di abbondanti piogge può risultare estremamente difficoltoso, e risalire dal versante di Monastero, anch’esso scivoloso e ripido. Per cui, in caso di maltempo, è consigliabile proseguire, all’incrocio sommitale, per la strada sterrata che porta al cimitero di Monastero. Se invece le condizioni climatiche lo permettono potrete godere di uno dei più bei spaccati di storia geologica, tettonica e geomorfologica di quest’area e delle Marche in generale. Sebbene la segnaletica del cammino non indichi specificatamente le gole, vale la pena, specie d’estate, una volta raggiunto l’alveo del fiume, fare una deviazione di 15 minuti in direzione sorgente. Si dovrà camminare ripetutamente con i piedi a bagno nell’acqua gelida per cui sarebbe consigliabile portare nello zaino sandali o comunque scarpe di ricambio. Lo scenario che si presenterà ripagherà di tutti i disagi. Tenete presente che nel 2014 una frana ha reso necessaria la chiusura della sentieristica verso le gole, osservate quindi se l’ordinanza di divieto, al momento del vostro passaggio, sia stata rimossa o sia ancora in vigore.
Abbazia di S. Salvatore o S. Maria in Insula
S.Romualdo, nato nel 952 e morto il 19 giugno 1027 all’età di 75 anni, fu, secondo S. Pier Damiani, un uomo di forte ingegno, di tenaci propositi, di coraggio indomabile, mite e gioviale. Nelle sue numerose peregrinazioni, interpretando rigorosamente lo spirito della Regola di San Benedetto, cercò di riaffermare in seno ai monasteri benedettini la necessità della vita eremitica. Rifondò, fra le altre anche l’Abbazia di Santa Maria in Insula, oggi in parte ristrutturata e rinominata a San Salvatore, posta proprio all’uscita del sentiero che risale dalle gole del Fiastrone e della variante sterrata. Certo è che la specificazione insula ci rimanda ad una delimitazione di zona attorno ad un sepolcro romano preesistente. L’Abbazia stessa fu costruita sui ruderi di un edificio romano, forse una villa o un punto di ristoro lungo il tracciato verso Roma. Durante i lavori di restauro sono apparsi, a conferma, molti reperti di origine romano-barbarica oltre che ravennate. Alla precedente chiesa romanica appartiene la cripta ben conservata e strutturata a cinque navatelle con volte a crociera scandite da colonne e pilastri con pregevoli capitelli decorati con motivi vegetali e animali stilizzati. Oggi la chiesa è quasi sempre chiusa, ma il suo porticato e una fontana d’acqua fresca rendono il luogo un ottimo punto di riposo per il pellegrino.
La strada di S. Liberato
S. Liberato era un nobile di Loro Piceno, comune della provincia di Macerata, che si fece frate durante il quarto viaggio di San Francesco nelle Marche, quello del 1215 da cui nasce il percorso del Cammino Francescano della Marca. Si presentò al Santo di Assisi, rinunciando ai suoi titoli e alle sue ricchezze, a Roccabruna, frazione di Sarnano, dove Francesco stava predicando (v. Fioretti, cap. 37). Identificato con il santo anonimo di cui parlano i Fioretti nel cap. 47, della sua vita si sa poco o niente, se non ciò che scrisse di lui frate Mariano da Firenze nel XV sec. “fu tanto chiaro per virtù e miracoli” che i suoi confratelli portarono le sue sacre spoglie nel convento ancora oggi intitolato a lui. Morì, probabilmente nel 1234, all’eremo di Soffiano, dopo aver ricevuto il conforto della Madonna e di tre Vergini circondate da angeli. Tradizione vuole che una strada da lui percorsa sia ancora oggi identificabile da una traccia di almeno 3 metri di larghezza dove l’erba medica cresce più rigogliosa e il grano più tenace e a noi piace credere che sia proprio quella che si va a percorrere tra Monastero e il Convento di S. Liberato.
Chiesa Convento di S. Liberato
L’imponente convento di S. Liberato, meta di numerosissimi pellegrini, nasce come semplice edicola sacra dedicata a S. Maria di Soffiano. I frati Minori Francescani ampliarono l’edicola trasformandola in chiesa e poi romitorio e vi si trasferirono nel 1282 portando con sé i corpi di S. Liberato, Beato Umile e Beato Pacifico. Tradizionalmente Spirituali e Zelanti, aderirono presto alla riforma di frate Angelo Clareno. Definiti fraticelli dal volgo, furono perseguitati come eretici e costretti alla clandestinità. I signori di Sarnano furono loro mecenati e custodi fin quando non si decretò la loro buona fede. Tornarono al convento e lo aprirono ai fedeli per alimentare la devozione ai Santi qui sepolti. Un secolo più tardi frate Ugolino da Montegiorgio forse qui scrisse gli Actus, primo modello dei famosi Fioretti di S. Francesco. Il culto per S. Liberato è da sempre molto sentito e ancora si racconta che dalla tomba del Santo fuoriesce una sostanza particolare raccolta dai devoti con dei fazzoletti poi usati per toccare i malati. Il Santo era inoltre venerato dalle ragazze in cerca di marito che, una volta ottenuta la grazia, lasciavano i pannolini dei figli presso la tomba. Oggi il Convento è ancora abitato da una piccola comunità di Frati Minori che può accogliere i pellegrini in transito nell’ostello foresteria previa prenotazione telefonica allo 0733.694273. Prima di ripartire da S. Liberato non dimenticatevi di riempire la borraccia alle fonti d’acqua, considerata da tutti come una delle più buone di tutto il territorio.
Eremo di Soffiano e Vita del Beato Pacifico
Con una deviazione ben segnalata di 2,6 Km dal percorso del Cammino Francescano della Marca si possono raggiungere le rovine dell’Eremo di Soffiano poste in una grotta naturale sulla strapiombante parete del Monte Ragnolo. L’eremo era costituito, oltre che da una piccola chiesa dedicata a S. Lorenzo Illuminatore, da altre piccole stanze costruite sulla parete della montagna. Alla sinistra del possente muro edificato dagli eremiti sono presenti dei fori attraverso i quali, secondo un’antica origine culturale, si riesce ad attirare gli effetti benefici del sole. Tradizione vuole che qui, nel suo viaggio verso Ascoli, San Francesco vi abbia dimorato, ma non se ne hanno prove certe. Documentata invece la vita di San Liberato da Loro e dei Beati Pacifico e Umile. Fu qui che morì Frate Umile e nello stesso momento della sua dipartita, altrove, lontano da lui, Frate Pacifico, vide l’anima del suo compagno elevarsi al cielo.
I Fioretti di S. Francesco
I fioretti di S. Francesco sono un florilegio, ovvero un’antologia sulla vita dei suoi primissimi discepoli. Per molto tempo si è creduto che l’autore fosse Giovanni dé Marignoli, anche se i successivi studi hanno confermato che in realtà il testo in esame era una copia rinascimentale dei precedenti Actus beati Francisci et sociorum eius. Gli Actus, primo fra i documenti francescani, furono scritti da Frate Ugolino da Montegiorgio molto probabilmente nell’eremo di S. Liberato. Gli Actus erano divisi in cinquantadue capitoli. Nel XV sec. il primo capitolo fu diviso in due parti raggiungendo così quota cinquantatré. Generalmente sono divisi in due parti: la prima tratta della nascita dell’Ordine e della vita del Serafico Padre, mentre la seconda parla dei frati spirituali marchigiani di prima e seconda generazione, coprendo così oltre un secolo di storia. Ad oggi è la fonte francescana tradotta in più lingue.